Poesie

La storia dei padri e delle madri

Preferisco non ricordare. Quello che è stato, è andato, tralasciato nel fondo dei pensieri senza alcuna possibilità di reincarnarsi in alcun momento della vita. I ricordi presto sbiadiscono, diventano pallidi e vengono sostituiti dalle realtà che necessariamente dobbiamo reinventare per compensare le perdite. Riviviamo solo frammenti sfrangiati che cerchiamo di riconnettere e ricomporre attraverso una zona opaca di immaginazione. Ed è quella che ci salva, che ci fa sorridere, che ora inneggiamo con gioia, con tristezza, con placida certezza che tutto sia sempre al posto in cui lo abbiamo lasciato. 

Non ricordo affatto il viso di mio padre, i capelli di mia madre se non per rari istanti che appaiono improvvisi. Quello che sono ora è un susseguente percorso che parte dai padri e dalle madri, dai loro padri e dalle loro madri e giunge a me, mi travalica e investe i miei figli e i figli non nati dei miei figli e i figli pensati dai figli non nati dei miei figli. Siamo legati da una melma biancastra che ci stringe in frazioni improvvise che, ogni qual volta tentiamo di fissare in pensieri immaginanti, fuggevolmente scompaiono. Non ricordo le mani piccole dei miei figli, non ricordo le loro voci che sempre investivano le mie giornate senza possibilità di silenzi. A volte tento uno sforzo e provo ad inserire suoni e colori e odori che ora non più mi appartengono. 

Preferisco non ricordare. Preferisco seguire gli esiti di ogni piccola evoluzione che non mantiene il ricordo se non per la sua essenza che scorgo da lontano, come un bagliore che sorge costante e che permane nel fondo. Preferisco guardare ora i volti e i gesti, l’incedere che sempre riconosco familiare, e sentirmi sorpresa di non vedere le identiche cose di prima. Ogni volta che apro la porta riaccade il miracolo. Mi sommerge la storia di mio padre, la storia di mia madre nel momento in cui mio padre e mia madre varcano la soglia ed affermano la loro diversità dall’essere nel tempo. Mi conforta che non mi appartenga il ricordo, mi solleva poter scrivere di nuovo e di nuovo senza badare all’inchiostro. 

Ora quello che conta è stare in un minimo semplice momento in cui continuare a guardare gli occhi e le rughe sapendo di contenerle in me; sentire i toni e le voci che si appropriano della mia carne e dei miei muscoli. I fatti e gli eventi sono ombre remote e appaiono trascurabili dinanzi a tanta bellezza di vita accadente. Sopra ogni pensiero, sopra ogni sogno, sopra ogni pianto. Sotto ogni risata, sotto ogni abbraccio, sotto ogni sorriso e parola non detta se non attraverso gli sguardi. Perchè è inevitabile, lo sappiamo certamente e non serve dire e affermare quello che semplicemente ci appartiene. 

La storia dei padri e delle madri è facile da raccontare. Ognuno di noi lo sa fare, in modo naturale, senza doversi porsi il problema di doverla ricordare. 

In foto: le piume di Michele Marinaccio

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