Testi critici

I paesaggi materni di Mapi

Ho più ricordi io da solo di quanti ne avranno avuti tutti gli uomini da che mondo è mondo.” (Jorge Luis Borges, Funes el Memorioso)

Nessuna civiltà, afferma Umberto Eco nel testo “Contro la perdita della memoria” del 2013,  può sussistere e vivere senza una memoria collettiva: è proprio la memoria che permette, infatti, di preservarne l’identità e quando una parte della memoria viene persa, la società attraversa una crisi identitaria. Per il filosofo Paolo Rossi, l’identità è fondata sulla memoria e sulla possibilità di ricordare il proprio vissuto, e si radica nel desiderio di immortalità proprio di ogni essere umano. Per Remo Bodei l’identità personale corrisponde alla coscienza che un individuo ha del suo permanere lo stesso attraverso il tempo e attraverso le fratture dell’esperienza. E così la memoria, quella oggettiva depositata negli archivi e quella soggettiva, individuale e collettiva, propria degli individui, nel momento stesso in cui definisce l’identità ed evidenzia dunque la necessità di essere attivata e alimentata, deve avere anche la capacità di essere selettiva. Senon c’è dimenticanza, non c’è neanche memoria, afferma Rossi, e ricordare tutto determinerebbe la condizione patologica dell’uomo che non può dimenticare nulla descritto da Borges nel Funes el Memorioso. 

Per Sebastiano Maffettone identificare tutto quello che siamo all’interno dell’identità determina un errore di fondo poiché noi entriamo ed usciamo dall’identità: tale possibilità di essere dentro e fuori è proprio la capacità critica, l’indipendenza di giudizio che presuppone sia una narrazione coerente di noi stessi e sia la narrazione che ne fanno gli altri. “È una traccia che va da me alla mia identità culturale” afferma Maffettone introducendo un aspetto globale: quel paesaggio che la filosofa Luisa Bonesio denomina come luogo ed espressione insopprimibile di identità culturale. La stessa Bonesio specifica che i dati oggettivi di un territorio sono delle condizioni di possibilità che possono essere interpretati e realizzati in modo diverso a seconda della cultura che le assume come un proprio “paesaggio materno” e che l’identità si trova così ad essere pensabile come quella di una comunità di paesaggio. Il paesaggio è una totalità di senso che esibisce nella propria identità la forza vitale della memoria.1 Per Bonesio conservare significa tenere presso di sé, preservare nella cura, trattenendo dalla sparizione ciò che si ha a cuore: i luoghi sono mediatori tra passato e presente, custodi della memoria, fanno segno verso un passato in gran parte invisibile e alcune possibilità di riattivazione2

I paesaggi di Mapi, esposti negli spazi di SBA Sporting Beach Arte, sono frammenti di memorie che provengono da immagini di un mondo perduto, abbandonato nell’infanzia, del quale l’artista possiede ancora trame visive ed emotive. Mapi se ne prende cura, le trattiene dalla dimenticanza e dall’oblio, le reitera in infinite varianti coloristiche ed esse esibiscono la loro identità, la loro forza mnemonica di riattivazione. L’allontanamento dai luoghi africani amplifica la dimensione del ricordo e procede verso un sistema di ricostruzione dell’identità che oltrepassa i tempi remoti ed immaginari. Ogni paesaggio è un micro deposito di un passato vissuto che, mediante inedite forme di rigenerazione, si tramuta in attimi di presente alternativo, in occasioni, in opportunità, in nuovi processi di orientamento. L’artista non fa che generare “paesaggi materni” che interconnettono le culture che hanno attraversato la sua esistenza e, seguendo le orme di una dimensione spazio-temporale non lineare, rivela una identità non statica, dalla quale riesce ad entrare ed uscire in un flusso ininterrotto di esperienze. 

I paesaggi materni di Mapi riannodano così tradizioni e simboli, si sfaldano in fili e ricami, definiscono delle biografie territoriali che si fondano su microcosmi collettivi; narrano storie dell’oggi che affondano le radici nei luoghi delle coscienze, strette al grembo di una rinascenza culturale ed esistenziale. L’artista riconquista un passato comunitario disegnando e costruendo dispositivi di memoria che preludono ad un futuro di speranza, ad una riappropriazione di processi dinamici di selezione che trasformano e rinnovano la realtà. Abbandonandosi in rari momenti ad una delicata nostalgia, i paesaggi materni di Mapi accettano il perdersi e il ritrovarsi, affermano il fragile ricordo, impongono la totale dedizione del sentimento e un vivido attaccamento amoroso. Rimangono, permangono fermi e fluidi in flussi continui di segni e semi, di foglie e conchiglie, di sabbie e acque, intrisi della purezza degli spazi o della crudezza dei territori violati. 

I paesaggi di Mapi sono un canto intimo, un inno forgiato dal colore: sorgono dalle origini della memoria e possono essere rimodellati dalla vita di ogni giorno, dalle appartenenze e dalle relazioni in un processo costruttivo e dinamico perchè, come afferma Bauman, “l’appartenenza e l’identità non sono scolpite nella roccia, non sono assicurate da una garanzia a vita”. Sono rappresentazioni in mutazione, aperte alla contaminazione culturale, agli scambi di pensieri e visioni, agli incontri. 

  1. Luisa Bonesio, Paesaggi, identità e comunità
  2. Ibidem

Mapi

Frammenti di parole segrete
Testo critico di Roberta Melasecca

11 marzo – 2 aprile 2023

SBA – Sporting Beach Arte
Lungomare A. Vespucci 6 – Ostia Lido, Roma

Fino al 2 aprile 2023
Orari
: dal giovedì alla domenica 11.00 – 18.00

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