Testi critici

Tempo inedito

È un tempo estremamente interessante. Stiamo abbandonando i valori della tradizione ma non stiamo ancora fruendo delle possibilità che ci sono offerte dal futuro inevitabile in cui la tecnica domina. Questo periodo intermedio è un tempo di sospensione, carico di significato, perché abbiamo alle spalle la ricchezza della tradizione e davanti ciò che la tecnica può fare. La tecnica è il modo più rigoroso in cui può manifestarsi la negazione del destino: però bisogna passare attraverso questa negazione prima che i popoli parlino la lingua del destino.1 (Emanuele Severino)

È un tempo estremamente interessante, un tempo di sospensione nel quale ancora non realizziamo quello che pienamente e assolutamente siamo, l’apparire del destino, come afferma Emanuele Severino con un moto che non è speranza ma certezza, mentre noi continuiamo a dibatterci sull’interpretazione della realtà e sulla volontà che la realtà abbia un significato. 

È un tempo inedito, dal latino inedĭtu(m), termine composto da ĭn ed edĭtus, edĕre, metter fuori, far uscire, pubblicare, quindi non pubblicato. È un tempo non conosciuto, il tempo della negazione del destino che dobbiamo inevitabilmente attraversare, per poi arrivare alla verità del tutto, e nel quale appaiono punti privilegiati da cui sembra di scorgere un disegno, una prospettiva2, una visione o miriadi di visioni sempre uguali e sempre diverse che immaginiamo e costruiamo giorno dopo giorno, istante per istante. 

Come “mendicanti” ci muoviamo attraverso i paesaggi della nostra esistenza, a volte senza averne gli strumenti e in altre senza conoscerne le categorie, ma comunque tracciando immagini ed esperienze che negano la percezione per la quale ogni cosa nasca dal nulla e vada verso il nulla o che il tempo interamente presente non contenga passato e futuro. Viviamo in un tempo inedito che sembra non permettere la continuità della memoria e con essa la definizione dell’identità personale e collettiva, perché invece come afferma Locke, l’identità di ciascun individuo è una dignità psicologica e morale che proviene dalla consapevole memoria del passato. Attraverso la prospettiva particolare dall’angolo di mondo a cui apparteniamo3, definiamo piccole parti e porzioni non immobili, mutevoli, che si incarnano in forme di molteplici possibilità e che, in modo puntiforme, dispiegano territori dell’io sul mondo, luoghi distesi di proiezione dell’anima. 

In questo procedere per limiti, insiemi ed aggregazioni, Marco Angelini struttura un sistema di passaggi e paesaggi identitari che si risolvono in materie e sembianze attraverso un linguaggio che persegue un apparente ordine interiore. Sono paesaggi che contengono paesaggi, che si palesano mano a mano che li si percorre e si fanno animatamente processi determinati dal tempo e dal movimento, in una condizione di trasformazione incessante. Sono paesaggi di rivelazione dove, sempre o solo per un attimo, ognuno può iniziare un percorso di riconoscimento verso un infinitamente oltre il proprio essere come individuo, approdando in una sponda scoscesa ed inedita. Sono paesaggi che si muovono, cambiano, evolvono, si modificano corrispondentemente al modo in cui li viviamo, li esperiamo, li usiamo, li rappresentiamo in tempi differenti radicati nella memoria, in quella che Giovanni Greco definisce il salvadanaio dello spirito4

Nelle tre opere centrali, Senza Titolo, Diade e Dicotomia in giallo, l’artista non attiva una memoria passiva ma, attraverso un dispositivo simile a quello del test di Rorschach, fa emergere una memoria che costruisce, seleziona, trasforma, che apre la continuità del futuro5; ogni immagine innesca, così, l’insieme delle diverse memorie, semantica, episodica, visiva, procedurale, verbale e autobiografica, che fa di noi un ricordo incarnato6; fissa punti di riferimento spaziali e temporali che permettono di confrontare i ricordi, generare una memoria collettiva ed un’identità che diventa tale in base all’esperienza vissuta e ricordata. 

Emerse da elaborate transizioni geografiche di figurazioni complementari, le opere in mostra, di medie dimensioni,inducono alla ricerca minuziosa di pluralità di significati distinti, mediati dalla propria personale auto-rappresentazione, e alla possibilità di fermarsi e indugiare in distanze trasversali o inoltrarsi in simultanee superfici, in indeterminati luoghi di appartenenza che possiedono alternativamente le essenze della leggerezza, della rapidità, dell’esattezza, della visibilità, della molteplicità7.

Nella serie di opere del ciclo Socks, con un procedimento di significazione e di costruzione di mappe di tempi e memorie, l’artista esplora la leggerezza ludica di oggetti, colori e segni attraverso fotogrammi di stralci di ricordi: il gadget “calzino” della compagnia aerea diventa, così, attivatore di paesaggi mnemonici, spontanei ed imprevedibili, che fondono le stanze assenti della nostra infanzia con le presenze impregnate del presente. Angelini disegna un sistema aperto, discontinuo e ci offre la possibilità, in un singolo momento, di vivere e connettere tutti i nostri tempi – passato, presente e futuro – attraverso la riflessione che trasforma il tempo quantitativo in tempo qualitativo8

Non possiamo che sorridere, a questo punto del nostro andare, nell’esserci resi conto, all’improvviso, di essere entrati in una “macchina del tempo” che funziona in modo a-temporale e si avvia attraverso quel duplice sguardo che faceva cantare Leopardi nelle Operette Morali: “Che fummo?/ Che fu quel punto acerbo/ Che di vita ebbe nome?/ Cosa arcana e stupenda/ Oggi è la vita al pensier nostro, e tale/ Qual de’ vivi al pensiero/ L’ignota morte appar9

1 #SOUL, Emanuele Severino ospite di Monica Mondo, Tv2000, 2019.

2 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Mondadori, Milano, 2017 ristampa.

3 C. Rovelli, L’ordine del tempo, Adelphi, Milano, 2017.

4 G. Greco, A proposito della memoria storica, in “Bibliomanie.it”, n. 19, 2009.

5 U. Galimberti, Parole nomadi, Feltrinelli, Milano, 2009.

6 M. A. Brandimonte, Psicologia della memoria, Carocci, Roma, 2004.

7 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Mondadori, Milano, 2017 ristampa.

8 R. Bodei, in Lectio magistralis “I paradossi del tempo”, Olimpiadi di Filosofia, 2016.

9 G. Leopardi, Il coro dei morti, dal Dialogo tra Federico Ruysch e le sue Mummie, Operette Morali.

Marco Angelini
Tempo inedito

A cura di Roberta Melasecca

Dall’11 al 29 maggio 2021
Galleria Fidia
Via Angelo Brunetti 49 – Roma

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