Testi critici

Dicòtomo – Punto rosso

“… perchĂ© la rosa è una figura simbolica così densa di significati da non averne quasi piĂą nessuno: rosa mistica, e rosa ha vissuto quel che vivono le rose, la guerra delle due rose, una rosa è una rosa è una rosa è una rosa, i rosacroce, grazie delle magnifiche rose, rosa fresca aulentissima.” (Umberto Eco, Il Nome della rosa, Postille)

In una semiotica sincretica costituita da persone e cose, ogni luogo può essere considerato una spazializzazione della memoria che contiene in sĂ© la capacitĂ  di essere narrato. Ogni individuo che vive, abita o semplicemente attraversa un luogo lo investe di valore e senso e si instaura così un legame tra spazio e singolo, tra spazio e societĂ  che modifica e rende variabile il rapporto tra forme dell’espressione e forme del contenuto. Ogni luogo è soggetto, dunque, a continue operazioni di riscrittura semiotica ed in esso sono disseminate impronte e tracce che raccontano storie e rivelano segni. “Le impronte non sono segni ma oggetti inseribili in una funzione segnica” (Umberto Eco, Trattato di Semiotica Generale, 1975, pag. 290). Così un segno è una realtĂ  in relazione con un’altra realtĂ , un qualcosa a noi manifesto – come dichiara Tommaso D’Aquino – che ci conduce per mano verso qualcosa di nascosto.

Dicòtomo evoca segni e tracce all’interno di una distesa di spazi e definisce una mappatura di ombre, riflessi, impronte cristallizzate per pochi attimi. Vagando in ambienti domestici e intimi o luoghi aperti e pubblici, Michele Marinaccio raccoglie immagini, istanti impressi, orme che si collocano in una dimensione estetica tra evocazione del reale e visione immaginaria. Ricordi, storie e pensieri si frantumano, dissolvendo atmosfere, forme, colori in un tempo che ha la durata di uno sguardo. Nulla ha intenzione didascalica ma concorre a determinare un corto circuito tra immagini e luoghi, dove fermo rimane il respiro e sospesa e dilatata la mente. In un paesaggio costruito di ambientazioni silenti o forse non ancora abitate, l’artista, quasi un Goethe contemporaneo, guarda le trame sottili con leggerezza ed ironia e scopre nella piuma il suo elemento di orientamento, l’ago di una bussola che lo conduce in qualsiasi luogo e tempo e che, contemporaneamente, acquista l’estensione del coinvolgimento. Così chiunque, iniziando il suo viaggio da un frangente personale, può generare una mappa ideale per varcare i confini del proprio io.

L’artista ci conduce per mano verso un ignoto non immaginato: ogni sferzata di luce è istantanea, ogni memoria si impone in un tempo capriccioso, irriverente o disteso, ogni azione rivela il suo essere nella contingenza. Nell’opera Partiture d’acqua e di luce, ad esempio, masse fluide si distendono ad altezze diverse, si condensano con la stessa velocitĂ  dei campi di forza e, immerse nel buio, appaiono sagome dai contorni dubbiosi che invitano a pensieri altri e prossimi. In tutte le opere presentate, Marinaccio indaga e riporta in superficie i tracciati e i solchi di strade e percorsi della cittĂ  di Roma, dichiarando forte la sua stessa presenza anche mediante l’utilizzo della simbologia, come quella dell’occhio, in una sorta di dichiarazione “servono occhi per guardare ed un corpo per assorbire”. Attraverso l’arte del rilevare e rivelare, l’artista narra di storie recondite, sconosciute o dimenticate, introducendo emblemi, suggestioni, dettagli, scanditi dall’evoluzione delle piume e dalla numerologia sottesa in ognuna di esse.

L’opera site specific, realizzata appositamente per la Galleria 28 Piazza di Pietra, è una partitura pittorica di piume che viene costruita a partire da un dettaglio personale di chi abita il luogo stesso: il numero 28, in questo caso, viene parcellizzato e scomposto in un circuito dapprima orizzontale, poi ondulatorio, caotico e vorticoso, riproducendo toni acuti, bassi ed isolati, fino a cadere nell’abisso del silenzio. Il segno del dorso della mano che si tramuta in piuma esorcizza l’azione e supera le ombre che attraversano la coscienza; nella piuma è racchiusa la brillantezza, la trasparenza, la soliditĂ , l’armonia: essa rivela una energia inconscia, un labirinto di emozioni ed improvvisi presagi.

Nel dissolvere piume, nel fissare segni e punti, nel proferire parole sottese nel vuoto e congelare istanti di luce e vicine oscuritĂ , l’artista disegna uno sguardo sulla fragilitĂ  umana, sperimentando quell’essere dicòtomo, diviso in due parti, e catturando rimembranze e attualitĂ  di un lieve e inquieto flusso di vite contigue.

Michele Marinaccio
Dicòtomo – Punto rosso

A cura di Roberta Melasecca

Dal 6 al 26 marzo 2019
28 Piazza di Pietra Fine Art Gallery

Piazza di Pietra, 28 – Roma

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