Racconti d'arte, Testi critici

Oggi vi racconto… una storia: La Land Art al Furlo e la Casa degli Artisti

RACCONTI D’ARTE

Oggi vi racconto… una storia. 
La Land Art al Furlo e la Casa degli Artisti

I sassolini sono radi e l’erba li ha destinati a vita propria. Sono qui davanti al vento che sposta i capelli. Il sole è velato e l’aria che di solito si respira è la stessa di ieri. Scatto la foto di ogni anno e alzo gli occhi. Tutto sembra assolutamente identico ma, se guardo meglio, ogni cosa si discosta dall’essere consueta. Guardare in un bosco è cosa inusuale: vedi quello che sempre ricordi ma allo stesso tempo ogni foglia è nuova. Perchè è così: ogni cosa in questo spazio si rinnova con il passaggio delle stagioni e il tempo non è ostacolo, come mi ha scritto ieri Silvia, è ciò che le sponde sono per il fiume. Esse guidano la corrente che altrimenti si perderebbe nella palude (da Mondo della personalitĂ  di Rabindranath Tagore). 

Solo due luoghi mi fanno sorridere appena vi arrivo: la Sicilia e il Furlo. Ed oggi sono qui e, accompagnata dal mio sorriso, inizio a osservare quello che il tempo ha scalfito, ha corroso, ha delineato, ha trasformato in altra configurazione, ha addolcito. Il tempo non è tiranno, come spesso si afferma, e lo si sperimenta qui, perchè ogni opera in questo parco sembra che stia aspettando me. Ognuna ha una sua storia da narrarmi ed io sono pronta ora: tendo l’orecchio e ascolto. 

Lì, all’inizio della strada, c’è Michele che, frammento dopo frammento, ha involato la strada verso il cielo e li vedo insieme, Michele e Stefano, intenti a trasportare pietre e sassi come contrafforti alla piastra innalzante. Faccio un passo indietro perchè il profumo del candore della Maiella mi attira e ed ecco Armando e Walter in una nube di polvere bianca che con scalpelli e seghe circolari promettono alla pietra di farla diventare altro in un abbraccio possibile che tutto stringe a sĂ©. Scendo gli scalini d’erba e mi immergo nel labirinto che ricordo, dove Simone e Valentina onorano il cielo e la montagna con canti propiziatori e Michele dĂ  vita con suoni ancestrali a tubi e piastre di metallo. 

Posso andare avanti e inizio il Cammino di Sant’Anna del Furlo. Oggi non tolgo le scarpe ma li vedo bene i piedi nudi che percepiscono il freddo del vetro e il calore del cemento. I cippi di Pippo segnano la strada per non dimenticare dove stiamo andando, e passo dopo passo, calpesto le 80 pedane diversamente segnate dalle mani degli artisti. Ogni tanto mi fermo e alzo gli occhi perchè il bianco pendente attira la mia attenzione; oppure mi fermo e mi siedo sotto ad un lampione, su una panchina e da lì osservo le reminiscenze dei mostri di pietra del giardino di Bomarzo che qui hanno le sembianze di un verde di plastica. Esco dal bosco e salgo verso la scultura di Antonio, del vento e della corsa, del fiume e delle foglie, dei semi e delle acque ed oggi sarĂ  il suo momento con Elvio che narrerĂ  la sua di storia con abili parole mentre Andreina tutto guarda e tutto move. 

Un profumo di erbe aromatiche mi spinge verso la cucina: è iniziato il momento degli occhi e delle risate, qui sotto un tetto di rose. 

Tutto ruota e tutto ritorna: esiste un luogo dove si genera una famiglia improvvisa? Si c’è. Camminiamo insieme su fiori e colori, su linee e vetri, su animaletti e foglie. Ci si guarda e si osserva. Si ascolta. Elvio illustra e noi lo seguiamo. Dietro di noi anche una troupe della RAI che stranamente non ha fretta ma si perde anche nel bosco. 

Risaliamo verso la strada di sassi e ci sediamo sulle sedie in plastica portate lì per l’occasione: la presentazione dell’opera “Tutto gira” di Antonio Sorace. Imponente, metaforica, contiene le città da lui amate, Roma e la terra natia, e incredibilmente si muove al vento ricordandoci che tanti sono i punti di vista che possiamo utilizzare per osservare una situazione. E come ha affermato Andreina De Tomassi, questa scultura trasuda fatica, abnegazione, caparbietà

C’è chi ne parla come un monolite ipnotico, chi come uno scudo del tempo, a me sembra una porta ma non per mutare in altra dimensione, solo per passare da me a me, da me foglia a me seme e di nuovo da me seme a me foglia. 

Applaudiamo e nel mentre mi alzo ricevo una notizia infelice e penso che sono belli questi momenti vissuti senza pensare all’oltre e al dopo, assaporando i visi di questa improvvisa famiglia che muta di anno in anno e che si costruisce facilmente perchè consapevole del luogo e del tempo, dell’oggi e di adesso. Brindiamo, dunque, all’arte e a noi che la viviamo così, sotto le stelle, dopo il tramonto del sole, dietro la montagna.

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