Testi critici

Il tempo sospeso – Testo in catalogo

Siamo individui isolati con il mondo apparentemente a disposizione.” (Pier Aldo Rovatti)

È trascorso quasi un anno. La società globale ha subito un cambiamento di paradigma culturale: i tempi del nostro vivere quotidiano si sono trasformati in pause cicliche e continuative di cui non riusciamo mai, di volta in volta, a valutare l’ampiezza e la lunghezza. Le cifre stilistiche della nostra contemporaneità sono determinate dalla presenza del vuoto, e dall’orrore del vuoto, e dalla sempre più accesa contraddizione tra prossimità e distanza, mentre una diffusa infodemia – eccessiva quantità di differenti informazioni prodotte e divulgate – allenta le certezze e sfrangia i limiti del sapere. “Ci servirebbero piccole verità per individuare cosa e a chi dare retta”, afferma Pier Aldo Rovatti nel testo In virus veritas. In verità, questo totale stravolgimento a livello mondiale ha prodotto una sorta di avvicinamento di ciascuno alla propria soggettività: ognuno di noi si è scoperto indagatore di se stesso, viaggiatore in un limbo di fragilità costanti, stanziante in luoghi spazio-temporali sospesi e indeterminati. Come sostiene Umberto Galimberti, il futuro non è il tempo della salvezza, non è attesa, non è speranza. Il futuro è un tempo come gli altri nel quale accettare di essere tutti precari. In questo tempo di sospensione ci rimane l’immaginazione come vaccino intellettuale (cit. David Grossman), come narrazione di tracce del nostro passaggio, seppur fugace. 

E così Maria Pacheco Cibils narra di un suo tempo: è un tempo fermo, frammentato, abitato da momenti di isolamento, di meditazione, di ordine e disordine reale e mentale, di tregua e inquietudine, di scoperta di possibilità intrinseche e capacità di resilienza. Le 33 opere presentate alla Galleria Angelica raccontano un tempo assolutamente reale, una storia di cadimenti e redenzioni che procede per fasi progressive e corrispondenze biunivoche di colori e livelli con stati profondi dell’anima e movimenti interiori. È un percorso non sempre lineare che appare dietro alla monocromia del grigio e nero fino alle evidenze sempre più dichiarate dell’arancio e del rosso: Silenzio, Meditazione, Flusso di vita, Speranza, Essenziale, Pausa, Attesa, Rinnovamento, Percezione, Riflessione, Intensità, Emozioni, Creatività, Sentimenti. L’artista delinea una realtà intima e personale che si incarna, tuttavia, in una dimensione collettiva sulla quale ognuno di noi può sostare per tempi indefiniti e illimitati. Sono spazi di non certezze, di mancate risposte agli interrogativi; non acquietano il nostro sentire ma, forse, in un procedimento inverso e a ritroso, consentono di ripercorrere il nostro ultimo vissuto, guardare, sentire, rimanere in silenzio. 

Nelle opere di Maria il colore fluisce prima lento, in piani distesi, per diventare poi viscoso e rovente: ambiti della memoria si avverano in singoli momenti, in istanti di andamenti e campiture squarciati da tempi successivi. Ogni strato rinnova la tensione tra il sé e l’essere, conducendo l’anima verso immagini ancestrali dove ritrovare il perduto equilibrio. I dipinti, prodotti durante il lungo periodo di isolamento per l’emergenza sanitaria, contengono indistintamente le linee di un processo salvifico e di un moto di creazione e congruenza tra natura e artificio realizzabile solo attraverso una “rivoluzione” etica, morale, individuale e collettiva che ci riporta al punto di partenza. 

L’unificazione del mondo avvenuta a quella insegna, la malattia, potrebbe comunque lasciare qualche traccia. Non in un cambiamento della natura umana verso il buono, né verso nessuna palingenesi ambientale e sociale; forse solo verso un momentaneo ridimensionamento della volontà di potenza, un attimo solo, in cui il mondo si mette a pensare sul male, sulla sua capacità di unificazione, e afferra, in un baleno, che nel fondo siamo sempre al punto di partenza di tutto, e che bisogna ridurre l’albagia che ci fa considerare padroni di noi stessi.” (Biagio De Giovanni)

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