Testi critici

Comunque volare

“Mi sono comportato da ostinato, inseguendo una parvenza di ordine, quando dovevo sapere bene che non vi è un ordine nell’universo.” (Umberto Eco, Il nome della rosa)

Umberto Eco, nel suo scritto SocietĂ  liquida pubblicato nel 2015 nella rubrica de L’Espresso Le bustine di Minerva, riprende l’idea di modernitĂ  o societĂ  liquida formulata da Zygmunt Bauman in Liquid Modernity del 2000, poi approfondita nella pubblicazione Stato di crisi di Bauman e Carlo Bordoni. Eco evidenzia come la societĂ  liquida inizi a delinearsi con il postmodernismo, con la crisi delle grandi narrazioni che ritenevano di poter sovrapporre al mondo un modello di ordine. Da ciò la crisi dello Stato, la crisi delle ideologie, dei partiti e di una comunitĂ  di valori che permetteva al singolo di sentirsi parte di qualcosa che ne interpretava i bisogni. Emerge un individualismo sfrenato, un soggettivismo che dissolve tutto in una sorta di liquiditĂ : le uniche soluzioni per l’individuo sono l’apparire a tutti i costi, l’apparire come valore e un consumismo che rende subito obsoleto ogni oggetto, passando da un consumo all’altro in una sorta di bulimia senza scopo. â€¨

Che cosa si potrĂ  sostituire a questa liquefazione? C’è un modo per sopravvivere alla liquiditĂ ? – si domanda Eco. Forse rendersi conto che si vive in una societĂ  liquida che richiede, per essere capita e forse superata, nuovi strumenti. E nel libro Pape SatĂ n Aleppe. Cronache di una societĂ  liquida, uscito postumo nel 2016, che raccoglie molti scritti de L’Espresso, non saluta i suoi lettori con scritti filosofici o di semiotica, ma scatta fotografie del presente, un presente incomprensibile come il verso dantesco scelto come titolo, espressione priva di significato ma che sottintende meraviglia, dolore, ira, minaccia, ironia.

Anche Serena Lugli, nella sua ultima ricerca artistica, cattura fotografie del presente e narra di mondi evidenti e reali. Racconta di strade, luoghi e ambiti di dimenticanze, storie semplici che riconosciamo passando e transitando nei percorsi della vita quotidiana. Serena illustra la societĂ  dell’eccesso, dell’esubero, dello scartodel rifiuto (cit. Bauman), del consumismo imperante che demistifica azioni e immagini. Nell’idea che ogni cosa subisce, nel corso della sua vita, cambiamento e trasformazione per arrivare ad una nuova configurazione volta al progresso, si fa strada la costruzione di un nuovo ordine che, nel sostituire quello esistente, produce materiale di scarto da smaltire o da riutilizzare. E per ricalcare le parole di Bauman in Wasted lives. Modernity and its Outcasts – Vite di scarto, quando il progetto si riferisce alle comunitĂ  umane, allora il materiale di scarto è l’insieme dei “rifiuti umani”, ovvero quegli uomini e donne che non si adattano alla forma progettata nĂ© possono esservi adattati. E’ una visione lucida e talvolta spietata, quella di una modernitĂ  in perenne movimento che accantona i progetti non riusciti, o falliti o superati, siano essi cose o persone, che velocemente diventano rifiuti distintivi della globalizzazione. E’ un diluvio universale, globale e in questa mutevole corrente ogni legame diventa liquido, le identitĂ  labili, i confini come fantasmi.

Nelle opere di Serena appaiono immagini di una collettivitĂ  in preda alla frenesia del consumo e dello smaltimento del rifiuto, di luoghi chiusi ed impenetrabili, di costrizioni di vite, di giorni che si susseguono identici, in una folle ripetizione di forme e gesti che, nel gioco mnemonico, cambiano e mutano come insinuanti camaleonti. L’artista, nel tratteggiare paesaggi inevitabili, si accorge improvvisamente di credere e sperimentare, come risposta e superamento dell’evidenza della liquiditĂ , nuovi strumenti, misteriosi, non spiegabili: materializza simboli di una determinata/indeterminata poesia come definita da Andrea Emo nel Quaderno 256 del 1963 all’interno del volume La voce incomparabile del silenzio. “Vive in ognuno di noi una determinata, o meglio una indeterminata poesia, che pochi riescono ad esprimere, ma che è un sentimento o meglio un’attualitĂ  assolutamente diversa, infinitamente nota, e infinitamente ignota, immediatamente presente e inaccessibile, una poesia che porta il nostro nome e che è l’evidenza stessa dell’altro, il puro altro da noi.”

Con tratto non descrittivo appaiono sagome di uccelli, talvolta con campiture nette, altre volte costellate di parole: narrano l’esperienza di veritĂ  non facilmente conoscibili, della possibilitĂ  di una rinnovata ricerca interiore, di un percorso di infinite spiegazioni ed innumerevoli significati. Oltre noi stessi, forse non esiste solo lo specchio della nostra intrascendibile solitudine (cit. Massimo DonĂ ) ma ciò che per l’universo si squaderna (cit. Umberto Eco). Dunque, probabilmente, è nella cultura della relazione che l’uomo postmoderno può apprendere e riacquisire quelle competenze relazionali, elementari e scontate ma dimenticate in favore dell’economia globale e della tecnologia avanzata, attraverso un atteggiamento comunicativo-relazionale di tipo assertivo, in un processo di crescita personale di attitudine all’ascolto, di disponibilitĂ  al dialogo. Nella cultura della relazione l’uomo può riscoprire spazi e luoghi della cittĂ  come elementi di interconnessione tra sfera pubblica e privata, nuove forme di appartenenza, innovative modalitĂ  di coabitazione che possano così diventare propulsori di paesaggi di condivisione e partecipazione.

“….Voli imprevedibili ed ascese velocissime / Traiettorie impercettibili / Codici di geometria esistenziale… Giochi di aperture alari / Che nascondono segreti / Di questo sistema solare” (Franco Battiato, Gli uccelli, 1981)

Serena Lugli
Comunque volare

A cura di Roberta Melasecca

Dal 9 al 16 ottobre 2019
Spazio Il Laboratorio
Via del Moro 49 Roma

Lascia un commento