Testi critici

Il Tempo delle generazioni. StanzialitĂ , migrazioni e altre storie

Il tempo delle generazioni. StanzialitĂ , migrazioni e altre storie

“Attraverso la nascita porto in me la forma di mio padre e quella di mia madre: geneticamente sono il dialogo improbabile e rumoroso tra i loro corpi e le loro forme. L’oblio che coincide con la nascita è l’elemento costitutivo più profondo della memoria. D’altro canto, anche i miei genitori sono il frutto di questa dimenticanza e di questa mescolanza. Avere in me il corpo di mio padre e di mia madre, avere le loro forme, avere la loro vita significa avere in me il corpo e la vita di un’innumerevole serie di viventi, nati tutti da altri viventi, fino alle frontiere dell’umanità e oltre ancora, fino alle frontiere del vivente e oltre ancora.” (Emanuele Coccia, Metamorfosi. Siamo un’unica sola vita, pag. 24)

Emanuele Coccia nel suo libro Metamorfosi. Siamo un’unica sola vita evidenza come la vita sia la metamorfosi di tutte quelle che l’hanno preceduta: ognuno di noi veicola un passato ancestrale ed è destinato ad un futuro inimmaginabile. Noi siamo il corpo e la vita di un’innumerevole serie di viventi: siamo un tempo eteroclito, inconciliabile, non attribuibile a un’epoca o a un momento dato. 

Siamo il tempo delle generazioni che si susseguono e si sovrappongono, si trasformano, a volte scompaiono per riapparire sotto diversa forma. Siamo la memoria e al contempo l’attualizzazione dei nostri avi; e le nostre vite, ciclicamente, ripetono percorsi e flussi, ne generano di nuovi, dando origine ad un continuum ininterrotto di processi. Siamo il frutto mnemonico futuribile dei nostri padri e delle nostre madri, dei loro padri e delle loro madri, dei padri dei padri, delle madri delle madri. Le nostre storie sono le storie di chi è andato e di chi è rimasto, di chi ha generato e di chi ha costruito, di chi ha lasciato e di chi ha osato. Sono le storie di intrecci e di incroci, di ponti attraversati ed oceani solcati; storie di cammini, di mani e piedi, storie di case, quelle abbandonate e quelle fondate, storie di riti, di tempi rigenerati dai tempi che definiscono le identitĂ  e stratificazioni delle coscienze. 

E dunque, è proprio la memoria che permette di preservare la nostra identitĂ , quella personale e quella collettiva, la quale si radica nel desiderio di immortalitĂ , propria di ogni essere umano: nel momento stesso in cui la memoria definisce l’identitĂ  ed evidenzia la necessitĂ  di essere attivata e alimentata, possiede anche la capacitĂ  di essere selettiva. Se non c’è dimenticanza, non c’è neanche memoria (cit. Paolo Rossi). Fare il vuoto per lasciare spazio al resto: alle cose future, a ciò che ben presto sarĂ  il mio passato, al mondo intero. Fare il vuoto per rendere possibile l’esperienza: ho dovuto dimenticare, dimenticare tutto, per poter percepire me stesso (cit. Emanuele Coccia). 

Il tempo delle generazioni è un tempo del presente, il tempo di oggi, di un io che è fatto delle sostanze del passato e conserva le memorie possibili e che si dirige altrove, in quello stesso luogo che ci ha permesso di essere qui, ora, figli e figlie della carne e del sangue, mutazioni di uno sguardo già aperto sul mondo (cit. Emanuele Coccia). Pur provenendo da strati di passati e memorie, ognuno di noi è costretto a diventare altro: il destino di una storia che si ripete mai uguale ripercorrendo gli stessi desideri e gli stessi impeti dell’anima. 

FESTIVAL DEL TEMPO 2024
Il tempo delle generazioni
StanzialitĂ , migrazioni e altre storie
A cura di Roberta Melasecca e Pina Manente
Promosso da: associazione culturale blowart
Immagine: courtesy Archivio Famiglia Manente

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