Testi critici

Tres Patrias

“[…] Non serve ricordare / l’abbandono. Una persona è quello che contiene / dopo che la vita / ha lavorato il legno della vita / fino alla midolla, fino a farne una barca leggerissima / che tiene il mare / sotto qualunque cielo. Io ricordo soltanto / il luccicare a perdita d’occhio / della mia vita. Se guardi bene, / vedi una cosa viva. Se guardi bene, / vedi che adesso finalmente sono / solo viva.” (Maria Grazia Calandrone, P – Persona, Giardino della Gioia)

Tre patrie, tre luoghi. Cuba, Stati Uniti, Italia. Vivere ed abitare. Vivere in qualche territorio ma abitare nella memoria, dove non esiste misura del tempo, dove non hanno forma partenze e ritorni, ma solo quello che siamo nel mentre viviamo nell’estrema consapevolezza di stare ed essere in un preciso spazio ed in un preciso istante.

Anita Guerra abita, esperisce, ricompone, rielabora, ricerca, racconta: costruisce geografie ideali dei paesaggi della memoria, epifanie di rimembranze oggettive e soggettive, confluenti e condivise all’interno di una prefigurazione onirica ma assolutamente reale. Il suo è un lavoro assiduo e certosino sulla ricerca del senso della propria esistenza, attraverso la scrittura di un romanzo dell’io individuale e collettivo, un’autobiografia che prende corpo come microstoria personale e familiare ma che disvela una narrazione più ampia, politica e sociale, segnando e incidendo tracce, eredità, relazioni su uno strato in filigrana di memoria non automatica. E’ invece una memoria mobile, non neutra ma legata ad aspetti emozionali e motivazionali, che si realizza, a partire dall’oggi, tra le inquietudini e le incertezze del presente, in un futuro che attinge dal passato e che trae da esso la linfa vitale della sua trasformazione.

Anita tesse cronache emotive all’interno di luoghi lirici della memoria che si muovono alternativamente in modo lento e inesorabile e di un moto rapido e diretto, non per rivivere ma per capire, attraverso un pensiero del passato e del futuro che esiste solo nel presente (cit. Massimo Cacciari). Allora si realizza quella memoria riconciliata, definita da Paul RicĹ“ur come “il piccolo miracolo del riconoscimento”, che spezza il debito della colpa nei confronti di un tempo trascorso e libera l’uomo verso una lettura nuova della propria vita, ogni giorno variabile e ogni giorno differente.

E così, i paesaggi autunnali dei boschi della Pennsylvania, i colori vividi della Cuba tropicale, la luce riflessa sui monumenti e sulle strade di Roma – insieme ai ritratti di famiglia, alle lettere postume scritte dall’artista al padre e alla madre e agli aerogrammi dei genitori durante la loro separazione, ai monotipi con ritratti dei parenti sui giornali cubani del giorno della morte di Fidel Castro – rappresentano un trait d’union tra un tempo che si dischiude nella sua immediatezza ed un tempo che risale non solo attraverso il rimpianto e la nostalgia, ma che si attua, in modo non assoluto, in un mosaico di esperienze ricomposte a generare uno scandaglio documentale, dove si apprende e si ricorda, anche se contemporaneamente si può ignorare e scordare (cit. Umberto Eco). E come della prima cittĂ  di Clarice de Le cittĂ  invisibili di Calvino si è persa ogni traccia e rimane solo il

rimpianto di qualcosa di cui nessuno sa più nulla, anche le vicende politiche della rivoluzione castrista hanno determinato l’oblio di attività, luoghi, personaggi della cultura e della società. Tale è stato il destino del padre dell’artista, Juan Ignacio Guerra, socio di Guerra y Mendoza Arquitectos, autore di numerosi ed importanti esempi dell’architettura cubana degli anni ’40 e ’50.

Tornata a Cuba dopo ben 54 anni, l’artista rintraccia alcune delle numerose residenze progettate e costruite: da modeste viviendas economicas, alle case di lusso dei nuovi quartieri ad ovest del fiume Almendares, alla Residencia di Nicolás Sierra, attuale sede dell’Ambasciata Messicana, vincitrice della Medaglia d’Oro Architettura di Cuba nel 1952 e pubblicata nella rivista americana Town and Country, alla Residencia Byron-Blanco dell’attuale Ambasciatore di Guinea Conakry. Anita realizza una sorta di memoriale, un documentario di due ore dove il padre ricorda la sua formazione come architetto all’UniversitĂ  dell’Avana, i protagonisti e lo sviluppo dell’architettura modernista a Cuba e le numerose residenze disegnate da lui: un intreccio di memorie che si attiva come la macchina volante del Memoriale del convento di JosĂ© Saramago, strumento che funziona e viaggia con sfere riempite di etere che coincide con la volontĂ  degli uomini che trattiene le stelle.

Nello spazio principale della Temple University Rome Gallery of Art, Anita Guerra costruisce, dunque, un mosaico di opere multimediali che trasformano l’intera parete in uno schermo del tempo, messo in scena con fotografie, dipinti ad olio, ricami, monotipi, aerogrammi, acquerelli, mentre l’immagine della madre dell’artista compare in un video, muto con sottotitoli, generando molteplici tempi e punti dello spazio che non si allineano secondo una linea progressiva e sequenziale di passato, presente e futuro. La galleria anteriore dello spazio espositivo introduce, invece, le opere di Juan Ignacio Guerra ed espone sia la documentazione fotografica dell’intensa e dettagliata ricerca dell’artista nei quartieri dell’Avana sull’operato del padre, sia il documentario in video.

Così, ogni traccia, solida e materiale, ogni disegno ritrovato, ogni opera riscoperta trattiene in sé le immagini di un’evocazione artificiale che diventa un dovere ed un’urgenza riportare alla luce. E’ un meccanismo plastico che permette di riadattare i propri schemi mentali, riaggiornare i ricordi attraverso le esperienze che travalicano il passato ed evolvono verso un presente attualizzato. L’artista si fa, così, testimone della Storia, intimamente e pubblicamente capace di conservare intervalli di frangenti e frammenti di vite in una relazione mistica, in quanto sacralizzata dalla memoria.

“Nel mio ultimo istante di vita ricorderò non solo ciò che è accaduto a me, ma anche l’estinzione dei dinosauri, la battaglia di Poitier, l’istante in cui Madame Curie ha scoperto il radio, e il momento magico in cui Dante vide la rosa mistica… tutti questi ricordi saranno parte della mia esistenza.” (Umberto Eco, Contro la perdita della memoria, ONU – New York, 21/10/2013)

Anita Guerra
Tres Patrias

Testo critico di Roberta Melasecca

10 novembre 2020 ore 19.00
Live Studio Visit

http://www.facebook.com/templeuniversityrome

17 novembre 2020 ore 19.00
Virtual Opening

https://temple.zoom.us/j/97048958686
Zoom Meeting ID: 97048958686

Temple University Rome Gallery of Art
Lungotevere Arnaldo Da Brescia 15 Roma

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